Roma, o più precisamente Castel Sant’Angelo, 1505. Michele Corella è imprigionato nelle segrete del castello, sottoposto a indicibili torture eppure deciso a non aprir bocca, a non tradire. Niccolò Machiavelli si appresta a intervistare il suo vecchio amico caduto in disgrazia: ferito, smunto, Michele Corella potrebbe definirsi l’ombra di sé stesso.
Ma ha senso questa definizione, per qualcuno che è sempre stato un’ombra?
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IL ROMANZO
Corella, l’Ombra del Borgia (2020, Nua Edizioni) è un romanzo storico frutto delle fatiche di Federica Soprani. La vicenda ripercorre le peripezie di Cesare Borgia, il Valentino, dai tempi dell’università alla sua caduta, tramite il punto di vista del suo amico più fidato, Michele “Micheletto” Corella.
Michele, “assassino umanista”, è a tutti gli effetti l’ombra di Cesare Borgia. Riservato, affidabile, vive la sua vita nella luce riflessa del radioso, irrequieto Cesare, lavorando per realizzare il suo sogno.
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Se i miei desideri avessero ancora voce, quella sarebbe la tua, Michele. Che ne sarà di me quando non ci saranno più le tue ali a sostenere il mio volo?
Michele Corella si aggira nei vicoli, la lama del suo coltello brilla nel buio della notte, preferisce le porte secondarie. Ciò che lo lega a Cesare Borgia è più di un patto, è un’amicizia, un’ammirazione che guida ogni suo gesto, anche laddove la sua coscienza si strugge: era davvero necessario?
Ma pure nella sua vita da ombra, l’umanista Michele Corella non può che lasciare traccia nel cuore di chi lo ha conosciuto per davvero: l’intellettuale Niccolò Machiavelli, la Signora di Imola-Forlì Caterina Sforza, l’ambasciatore francese Lorein de Disieux.
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Forse la vera immortalità risiede proprio nel fatto che qualcuno rimanga a serbare un ricordo di noi, di ciò che siamo stati, di ciò che abbiamo fatto […]. Tutto il resto, la fama, la leggenda, è solo un castello di carte costruito su ciò che gli altri hanno supposto che fossimo, altri che magari non ci hanno neppure conosciuto. Che senso ha una simile grandezza se è fatta solo di parole e vento, senza vera conoscenza, senza cuore?
LO STILE
L’autrice, tramite una prosa evocativa e a tratti poetica, porta per mano il lettore nella Roma del Rinascimento. I corridoi dell’Università, i fasti della Corte Papale, i castelli – ma anche i campi di battaglia scivolosi di sangue, i sotterranei, quella Roma segreta e oscura che accompagna l’immaginario legato ai Borgia.
Immaginario più che mai variegato, legato a tanti pettegolezzi, miti, aneddoti travisati, campagne diffamatorie: Federica Soprani fa un ottimo lavoro a offrirci uno spaccato della vita di Cesare Borgia (e, naturalmente, della sua ombra Michele Corella) il più possibile oggettivo. Non indulge troppo nei pettegolezzi ma neanche li ignora idealizzando i personaggi; ci lascia gli stessi dubbi che gli storici ancora oggi si portano dietro, senza nutrirli di sensazionalismo. L’autrice riesce a bilanciare testimonianze dell’epoca, suggestioni, sospetti con le necessarie licenze narrative che ogni scrittore si prende quando scrive un romanzo storico.
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E allora avremo un Papa Alessandro VI scandaloso, per i canoni attuali (del resto ha avuto dei figli!), dedito alla lussuria e a certi vizi; ma anche un padre affezionato, un essere umano a tutto tondo.
Lucrezia Borgia? Dimenticatevi la femme fatale, l’avvelenatrice, tutti quei costumi osceni che le hanno cucito addosso i suoi detrattori. Ecco una fanciulla intelligente ma disposta ad amare, dedita agli affetti quanto all’ostilità e all’odio, non pedina della politica del fratello ma neanche aguzzina senz’anima.
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E l’amore di Alfonso d’Aragona, e razionalità di Ramiro de Lorqua, e la vulnerabilità del giovane Astorre Manfredi: tanti personaggi tutti con la loro voce, trattati con delicatezza, come se fossero fatti di cristallo.
Corella, l’ombra del Borgia è un romanzo che non dovreste lasciarvi sfuggire, se volete immergervi nella Roma Rinascimentale per ciò che (probabilmente) era: umanista, ma anche umana, sfaccettata, fallibile, multiforme delle voci che la narrano e la piegano per i propri scopi.
In fondo, a volte è bene che certi misteri rimangano dove sono. Nell’ombra.
“Lui è come il sole, riscalda la terra e a volte il suo calore può bruciarla. (…) Io sarò la luna, che risplende sulla sua scia. Ma senza di me non troverebbe riposo, la notte sarebbe troppo buia”.
Michelotto Corella è un giovane ragazzo quando decide di lasciare gli studi e votarsi anima e cuore alla causa di Cesare Borgia, il primogenito illegittimo di papa Alessandro VI. Non ha dubbi, Michele: la sua vita è al servizio del grande Borgia. Divenne, così, depositario di quella coscienza che Cesare sembrava non avere, ma anche la mano destra di un uomo disposto a tutto pur di seguire le proprie ambizioni e che lo tramutò in gelido sicario, avvolgendolo nel drappo nero della morte. Fu l’uomo che si macchiò dell’assassinio di nemici e vecchi amici, in nome di un sogno che non gli apparteneva. Incupito dai segreti e dalle azioni commesse in nome del suo Signore, Michele sentì il peso della solitudine e di quella vita donata e votata al Valentino, un’esistenza che si rivelò un lastricato di perdite e sofferenze; ma nonostante ciò, lo servì sempre con lealtà, diventando l’uomo che conobbe le sue luci e le sue ombre, del quale riuscì a dare voce ai sottintesi, agli sguardi e alle cose non dette.
“Corella. L’ombra del Borgia”, scritto da Federica Soprani ed edito da Nua Edizioni è un romanzo storico che vede protagonista il più fedele uomo di Cesare Borgia, Michelotto Corella, attraverso il quale l’autrice ripercorre la vita del figlio del papa più discusso della Storia.
Ma chi era davvero Cesare Borgia, il duca di Valentinois e di Romagna?
Ribelle nelle vene, ma soggetto all’autorità del padre, papa Alessandro VI, animato da una morbosa passione per la sorella Lucrezia, Cesare Borgia era un uomo scaltro, finemente intelligente, impulsivo, oltremodo sicuro di sé, egoista, irascibile e iracondo, di un’inquietudine che sfociava nell’insofferenza, ambizioso e assetato di potere, posseduto da un’energia rabbiosa. Seppur corta, la sua fu una vita spesa nella ricerca del potere, senza il conforto della felicità. Quale gioia ebbe, infatti, Cesare Borgia? Lui che non conobbe amore, che non visse per gioire, che non combatté che per vincere, a qualunque costo. Temuto come Marte, il dio della guerra, la brama di conquista infuocava il suo animo, sostituendosi alla passione d’amore: solo il potere contava per Cesare. Superbo e orgoglioso combattente, lottò per ottenere i propri scopi, senza nessuno sconto: privo di scrupoli o remore, pronto ad ogni passo pur di raggiungere i propri obiettivi.
E per questa sua caratteristica innata, in molti lo ritennero responsabile della prematura morte del fratello Giovanni, il suo diretto rivale, che, preferito dal padre nonostante fosse il secondogenito e fosse privo di qualsiasi attitudine, aveva ottenuto il comando dell’esercito pontificio, posizione a cui Cesare ambiva con ogni fibra del suo essere. A lui, invece, era toccata la porpora cardinalizia che si intonava alla sua personalità come l’acqua santa sul volto di Satana; l’abito talare che gli bruciava la carne e che poté dismettere proprio grazie alla morte di Giovanni, in seguito alla quale la carica di Generale della Chiesa passò nelle sue mani.
Cesare dallo spirito contraddittorio, che appare ai nostri occhi come un moderno rampollo, amato e odiato da chiunque lo circondasse, per dovere o per convenienza; temuto e ammirato, generava ammirazione e paura allo stesso tempo. Lui che era inquieto, dissimulatore, mai pago delle proprie conquiste, in amore come in guerra, dalla personalità incontenibile, “una vita sola era troppo poca per Cesare Borgia. Troppo poco il tempo, insufficienti le possibilità”. Suadente e mellifluo, era conscio di possedere un fascino maledetto capace di incantare chiunque gli si accostava: i suoi occhi neri come la notte senza luna potevano scagliare sguardi torvi, taglienti, oppure colmi del desiderio più sfrenato, carichi di lussuria malcelata.
Passionale e travolgente, feroce e spietato, calcolatore e istintivo, determinato e irrefrenabile: Cesare fu un’antitesi indecifrabile, dall’animo imperscrutabile. Fiero e indomito, freddo e pungente; maestro nell’arte della dissimulazione, che fece di lui subdolo predatore in paziente attesa di ghermire la preda. Incantatore dall’aspetto di meraviglioso condottiero e dall’eloquenza maliarda, inarrestabile come un uragano e ambizioso oltre ogni limite: nemmeno il cielo avrebbe potuto fermarlo, né Cesare lo ha mai temuto. “Splendido e terribile” come un demone travestito da cherubino; bellicoso poeta dall’energia inesauribile.
Il Valentino, però, pativa un’acuta insofferenza per il trattamento che gli riservavano le corti europee, le quali vedevano in lui nient’altro che il figlio illegittimo di un papa straniero, e ciò gli procurava un rogo che ardeva come l’Inferno dentro di lui, trasformandosi in feroce crudeltà. Crudeltà che riversava nel sogno di conquista dei domini romagnoli che lo portarono a sconfiggere l’indomita Caterina Sforza a Forlì e che lo condusse al titolo di Duca di Romagna.
“Io so cos’è la disperazione di chi combatte una battaglia di cui lui solo conosce la ragione, quando gli altri l’hanno dimenticata. Di chi intuisce l’esito ancor prima di intraprendere l’impresa e tuttavia non può esimersi dall’imbarcarsi in essa, mosso da motivazioni incomprensibili ai più”. Ecco l’essenza di Cesare Borgia: il disperato bisogno di combattere, di conquistare, l’incessante urgenza di sentirsi fiero, a discapito della solitudine dell’anima; un’anima che divenne sempre più nera e cupa, nella quale “ogni luce sembrava svanire, inghiottita da un’oscurità vorace, rabbiosa, disperata”. Non permise mai a nulla e a nessuno di porre freni a ciò che voleva essere, né accettò ordini o imposizioni e la sua sconfinata smania di essere lo portò a fare della propria ambizione la propria vita, gettando anima e corpo in ogni impresa che la sua mente riuscì a concepire, incapace di sentirsi sazio di sogni.
Si sentiva invincibile, Cesare. Aveva vinto tanto, in poco tempo e dava l’impressione di non poter perdere mai, assetato com’era di morte e devastazione. Dentro di lui, il fuoco della conquista era destinato a non spegnersi e la sua figura si circondò di una fama sinistra, alimentata anche da un grande amico, Niccolò Macchiavelli, che trovava “in quel perseguire i propri scopi senza fermarsi davanti a nulla una nuova forma di eroismo, una totale e spavalda superiorità”.
Nulla avrebbe potuto “scalfire la corazza impenetrabile di quel principe senza regno, troppo giovane eppure già consacrato al passato”. Almeno fin quando la morte, sotto le sembianze del temibile mal francese, decise che fosse giunto il momento di porre fine ai desideri dell’indomabile Cesare Borgia. Non prima, però, di concedergli il beffardo tempo di vedere il suo castello di sogni crollare dopo la morte del padre. In quel momento il Valentino perse tutto, ma non volle accettare l’evidenza di quella realtà e non si arrese, tentando il tutto per tutto, come “Satana che tentava la risalita del paradiso a qualunque costo”, finché non trasse l’ultimo respiro. Aveva solo trentasette anni.
Tutto ciò emerge nitidamente e con grande suggestione in questo romanzo che ripercorre la vita del Borgia, soffermandosi in particolar modo sulla sua personalità, e la romanzata ricostruzione del rapporto tra Cesare e Corella, di cui l’autrice dà un’interpretazione poetica, ma verosimile.
Riesce in questo obiettivo, soprattutto grazie all’ottima caratterizzazione dei personaggi, che con poche parole usate con sapienza, riesce ad evidenziare le caratteristiche peculiari di ognuno, tanto che al lettore appare di sentirli vivi accanto a sé. Poco spazio è dedicato all’ambientazione, ma il lettore non ne sente la mancanza perché la sua attenzione è totalmente concentrata sui protagonisti. La ricostruzione del contesto, invece, è precisa e fedele alla realtà storica. Lo stile narrativo è raffinato e soave, dolce e melodico e accompagna il lettore come il suono delle onde del mare. I dialoghi sono suggestivi e incisivi, perfettamente calzanti per ogni personaggio, dei quali è chiaramente distinguibile ogni voce. Le scene sono potenti ed evocative, cariche di pathos e appaiono come splendidi dipinti, variopinti e dettagliati.
“Corella. L’ombra del Borgia” è una lettura indimenticabile e oltremodo appagante; un romanzo coinvolgente, vivo ed emozionante, al termine del quale vi sembrerà di aver davvero conosciuto il Valentino e di aver capito perché, per Michele Corella, la vita fu “o Cesare, o nulla”.
Sostanzialmente, un romanzo storico può avere due problemi: essere troppo didascalico e divulgativo e sembrare una lezione scolastico-accademica; oppure, essere troppo romanzato e perdere il focus su fatti reali, ambientazioni e vicende verosimili finendo per essere narrativa di finzione.
Corella – L’ombra del Borgia di Federica Soprani, pubblicato da Nua Edizioni che anche questa volta sostengo come posso, riesce a mantenere il difficile equilibrio tra i due poli, risultando un esempio perfetto del genere.
Siamo a Castel Sant’Angelo, la celebre prigione romana, nel 1505 e l’arguto Niccolò visita il prigioniero Micheletto, devastato dalla tortura ma che riesce ancora a tornare con nostalgia al suo glorioso passato. Potrebbe essere un interessante incipit per un romanzo qualsiasi, ma Niccolò è Macchiavelli, l’autore del Principe, mentre Micheletto è Michele Corella, il sicario spagnolo che per tutta la vita lavorò all’ombra di Cesare Borgia per renderlo ciò che effettivamente fu. In un colloquio triste e tinto delle sventure, i due parlano di un passato che ha reso grandi i loro nomi e i fatti che ancora oggi studiamo sui libri di storia, in realtà mai troppo a fondo.
Con dei flashback esterni, quindi non dalla voce di Corella rivolta a Macchiavelli, seguiamo passo dopo passo la scalata al successo di Borgia, le vicende della sua controversa famiglia e i fatti di un’epoca quanto mai ricca come il Rinascimento italiano, tra relazioni diplomatiche, scandali a corte, gestione del potere e rapporti fra la Chiesa e il mondo esterno.
L’autrice riesce a essere storicamente molto fedele e a seguire fatti e personaggi come una brava investigatrice, eppure a narrare come se tutto fosse pura finzione, con eleganza e scorrevolezza. Per puro spirito critico si può dire che eccede talvolta nelle descrizioni e nel ripetere caratteristiche fisico-morali del personaggi, soprattutto nel caso dei fratelli Borgia Cesare e Lucrezia, ma ciò non colpisce in alcun modo la lettura che è in grado di rapire e di far riflettere il lettore, anche quando non è molto preparato in materia.
Federica Soprani lavora con metodo, passione e non nasconde che dietro al talento e agli interessi si cela un gran lavoro di ricerca e scalpello. È questo il vero lavoro dello scrittore e mi è piaciuto ritrovare molti gusti e modi di approcciarsi alla scrittura e alla lettura in comune. Potete leggere le sue interviste e scoprire la sua ricca produzione al suo sito personale: https://www.federicasoprani.it.
Una lettura, dunque, che consiglio caldamente a chi voglia dare uno sguardo diverso alla storia senza subire l’effetto didascalico di una lezione non richiesta, ma anche solo leggere un romanzo storico ben confezionato con nemmeno una macchia, a parte quelle nella coscienza di Corella.
Roma, 1505. In un cupo sotterraneo di Castel Sant’Angelo, Niccolò Machiavelli fa visita a un prigioniero spagnolo: Michele Corella. Il suo corpo è stato devastato dalla tortura, ma la sua mente ancora vigile e colma di ricordi trascina il letterato in un viaggio nel tempo, sulle tracce di un’avventura tanto grandiosa quanto effimera, l’ascesa e la caduta di un uomo, Cesare Borgia, all’ombra del quale il narratore ha vissuto, custode e araldo di un sogno non suo.
Cari lettori, torno da voi con un romanzo storico. Da molto tempo volevo legger questo libro. Improvvisamente scomparso dal mercato, è tornato pubblicato dalla Nua Edizioni. Sto parlando di “Corella, l’ombra del Borgia” scritto da Francesca Soprani, che ha vinto anche un premio nel 2013.
Chi non conosce la famiglia Borgia, anche solo per sentito dire? Famosi per i loro scandali e presunti incesti, sono indubbiamente stati uomini e donne di spicco dell’Italia del ‘500. Oltretutto, Rodrigo Borgia fu eletto Papa dal 1492 al 1503.
Questo libro non è un romanzo sulla vita della famiglia Borgia, come se ne trovano molti. Non vi nego che ho letto in passato vari libri sull’argomento più o meno romanzati, e altri sono in attesa nella mia libreria. Inoltre, da series tv addicted, ho guardato entrambe le serie tv.
In questo romanzo, la voce, seppur in terza persona, è quella di Michele Corella, detto Micheletto. Fedelissimo di Cesare fin dall’adolescenza, lo seguirà in ogni avventura diventando la sua ombra.
«Arrivati alla fine, siamo capaci solo di vedere cosa avremmo potuto essere. Per questo amavo Cesare, per questo l’ho seguito. Lui e io, insieme, vivevamo per l’ora e il subito, bruciavamo ogni cosa, perché sapevamo di non avere l’eternità dinnanzi. In fondo non siamo cambiati. Io non sono cambiato, Niccolò. C’è l’ora e c’è l’adesso, e adesso io sono qui con voi. Vi guardo. Vi parlo. Potrei toccarvi.»
Proprio un’ombra è Michele che, dall’animo di filosofo e poeta, si trasforma in una mano nera capace di uccidere con rispetto e devozione. Se mi passate l’associazione dei termini.
Tutta la sua vita è stata dedicata al Valentino. Grazie a lui riusciamo a vedere un Cesare più realistico forse, un uomo da un carisma incredibile, capace di grandi sogni e ambizioni seppur paranoico e pervaso da una smania di dover fare e dimostrare.
Ho sempre avuto una certa ammirazione per la sua figura, tra realtà, mito e leggenda, è sicuramente stato un personaggio straordinario.
Non sto qui a dilungarmi sulla trama perché appartiene alla storia nota ai più di noi.
Mi soffermerò sulle emozioni e lo stile.
La narrazione in terza persona, ci trasmette un quadro generale abbastanza oggettivo, seppur attraverso gli occhi di Corella. Nonostante la sua devozione, è cosciente della natura di Cesare, tuttavia non può fare a meno di seguirlo.
«E sia come dici, Michele Corella, tu che con le parole convinceresti il diavolo a consegnarti le chiavi dell’Inferno. Io sarò tutto ciò che vorrò essere, e tu…» Gli puntò il dito contro, affondandoglielo nel petto. «Tu sarai con me, al mio fianco, in terra, in cielo o ovunque i miei passi mi porteranno.»
Spesso le pagine si tingono di sangue, poesia, malinconia. L’emozione trasmessa è quella che cercavo, diversamente dall’architettura del libro. Me lo immaginavo diverso ma comunque è riuscito a emozionarmi in varie occasioni. Non riesco a spiegare bene la natura di queste emozioni, ma la scrittura dell’autrice riesce a creare un velo che avvolge e quasi protegge le sensazioni provate da Micheletto, in modo che arrivino intatte a noi.
Cosa stava facendo esattamente della sua vita? Era valsa la pena lasciare gli studi, deludere le aspettative della sua famiglia, e per cosa? Per rincorrere un sogno che non era neppure suo, per vivere all’ombra di altri, annullando se stesso. A vent’anni non aveva un lavoro degno di essere considerato tale, non si era sposato e in nome di Cesare si era macchiato di azioni che la sua stessa coscienza condannava.
Lo stile e il linguaggio sono consoni all’epoca. Ho particolarmente apprezzato il registro linguistico che può vantare di parole auliche e in disuso al giorno d’oggi.
Sicuramente un libro che vale la pena di essere letto, soprattutto dagli appassionati.
Federica Soprani – Corella – L’ombra del Borgia – Nua edizioni
Nel titolo di questo romanzo di Federica Soprani c’è l’essenza, nota e confermata, del personaggio storico di cui si parla.
Ma, luce ed ombra sono complementari.
E lo sono Michele Corella e Cesare Borgia, due figure che, di fatto appartengono alla Storia, ma per la forza e la durevolezza del loro sodalizio di fiducia, devozione, amicizia, amore, sono ben degne di appartenere anche al mito.
Non è facile parlare, raccontare, di personaggi di cui tutti conoscono le gesta: implica padronanza dell’argomento, passione per lo stesso e voglia di narrare per far conoscere.
E il far veramente conoscere passa per il narrare cosa c’è dietro le azioni per cui si è noti, cioè il vissuto del personaggio.
Ripeto, non è facile, non basta attenersi ai fatti conosciuti, bisogna osare, inventare, ma con la coerenza che proviene dalla conoscenza.
Un personaggio come Michele Corella è complesso, nella sua acquisita semplicità.
Non è facile essere ‘l’ombra di’: implica dedizione e fiducia assolute.
Una bella ombra proviene da una bella luce, attraverso il tramite che le lega.
E il tramite, nel caso di Michele Corella e Cesare Borgia, è costituito dalla conoscenza e dalla stima reciproche, consolidatesi nella loro intera esistenza.
E’ il narrare, il tramite, a sua volta fatto di situazioni, gesti, pensieri, azioni, che ci permette di conoscere l’uomo che si cela, in questo caso, dietro l’ombra.
Un uomo fornito di una luce propria, fulgida quanto quella di colui per il quale ne sacrifica al mondo la visione, ma in grado di assorbirne anche l’ombra.
Michele Corella diventa, allora, il protagonista assoluto, e, nell’impostare il racconto per episodi, che appartengono agli eventi storici, Federica Soprani li descrive facendo prevalere il suo punto di vista, le sue azioni, i suoi sentimenti.
Non è Michele Corella a parlare, ma il lettore guarda con i suoi occhi, si avvicina al personaggio dal di dentro pur rimanendone al di fuori.
Far parlare, in letteratura, non è facile.
Ancora più difficile è far parlare raccontando.
E difficilissimo è raccontare bene, con una scrittura semplice eppure ricca: di immagini, di colori, di dettagli. Ricca, più di tutto, di cose, di fatti, di pensieri, di considerazioni, di attenzione al reale nella licenza letteraria dettata dalla narrazione.
E’ riduttivo, parlare di un bel libro.
Michele Corella è un personaggio non facile da trattare, così come non lo è Cesare Borgia, entrambi relegati ai loro ruoli ‘storici’ dalla Storia.
E’ facile osservare i risultati di certi comportamenti, di certe azioni,, ma provare a capirle, ad interpretarle senza guardare il risultato, lo è molto di meno, e richiede l’immaginazione di una scrittrice.
Far sì che, chi è sempre stato considerato ‘ombra’, nel senso cupo e negativo del termine, abbia la sua importanza nel rapporto di reciprocità; che, chi ha avuto il ruolo di assassino nella manipolazione degli eventi sia stato un esecutore non scevro da considerazioni e rimorsi; che, chi ha fatto della fedeltà ad una persona il suo ideale di essere, alla sua personalità un ideale di vita che, per per quanto impegnativo anche a livello emotivo, non ha cancellato la propria personalità, è un’arte.
Un’arte, nel racconto, in cui pochi riescono, soprattutto quando di tratta di figure non di fantasia, e che Federica Soprani ha usato in maniera magistrale, tirando fuori dall’ombra, propria e altrui, l’uomo Michele Corella.